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::Chiesa S. Giovanni Evangelista a Scicli » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa S. Giovanni Evangelista

Chiesa S. Giovanni Evangelista

Via Francesco Mormino Penna



Posta sul fianco destro del Palazzo Municipale in Via Mormino Penna, questa chiesa, in stile prettamente tardo-barocco, si presenta agli occhi del visitatore con una raffinata facciata concavo-convessa. Fu annessa al monastero delle Benedettine, demolito nei primi anni del novecento per far posto al Municipio, edificato tra il 1902 ed il 1906. La chiesa, infatti, venne fondata prima del 1300 e già in quegli anni fu istituita alla "Confraternita dei Nobili Bianchi", la quale si prodigò a Scicli compiendo opere di carità e di misericordia in favore della popolazione sino al 1860. Successivamente venne ceduta ai monaci di San Benedetto i quali costruirono un monastero che diede impulso alle attività religiose ed economiche della città.
La struttura crollò in seguito al terremoto del 1693 e venne ricostruita a più riprese nella seconda metà del '700.
I lavori della chiesa iniziarono tra il 1760 ed il 1765 e furono diretti, con ogni probabilità, dall'architetto Fra Alberto Maria di San Giovanni Battista, carmelitano abitante a Scicli, anche se vi sono elementi che trovano riscontro nelle architetture dell'ingegnere Vincenzo Sinatra di Noto. Già alla fine del 1776 l'interno veniva concluso con gli stucchi di Giovanni Gianforma e l'affresco della volta.
L'ultima fase della decorazione interna, con stucchi e dorature, fu eseguita nel 1854.
L'attuale chiesa, risultato di numerose ricostruzioni effettuata a partire dalla prima metà del settecento fino ai primi anni del XIX secolo grazie anche alle donazioni della signora Donna Giovanna Di Stefano, baronessa di Donnabruna, presenta una facciata concavo-convessa a tre ordini. Rivela influssi borrominiani (S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma), molto aggettante sulla strada e incombente sullo spettatore, forse quella che - per la collocazione in uno spazio ristretto - rivela più delle altre i caratteri imponenti del barocco.
Nella facciata gli elementi plastici, l'utilizzo delle colonne binate, il capitello composito sottolineano ancor di più la particolarità e la grazia di questa architettura.
Nel primo ordine, scandito da colonne ioniche, si apre il portale di ingresso preceduto dalla bella scalinata che asseconda il movimento della facciata; due nicchie occupano i partiti laterali. Nel secondo ordine, caratterizzato da colonne in stile corinzio, si snoda una gelosia in ferro battuto equivalente alle inferriate dei balconi dei palazzi circostanti. Nel terzo ordine viene ripreso l'ordine composito del secondo, chiuso da due piedistalli alle estremità. La facciata si chiude con un timpano spezzato nel quale è incisa la data di fine lavori (1803).
L'interno a pianta ellittica coperta da una cupola (i finestroni si aprono direttamente sull'imposta della cupola) è preceduta da un endonartece e conclusa da un'abside. Ai lati, tra le semicolonne, addossati alle pareti curve, sono collocati quattro altari. La volta, a guscio di noce, presenta una decorazione ricca di stucchi e dorature ben lontani dal clima culturale tardo barocco.
La chiesa è satura di stucchi e di decorazioni, invece i colori e le dorature non rispecchiano lo stile tardo-barocco. Di particolare bellezza sono i tre medaglioni in stucco in cui vengono raffigurati paesaggi civici ed è dotata di un organo a canne del 1841 dell'organaro Salvatore Andronico Battaglia da Palermo.
La chiesa conserva nel suo interno (sacrestia) un dipinto di origine spagnola risalente al XVII sec., si tratta del Cristo di Burgos (che la gente) chiama il Cristo con la gonna, ma che in effetti non si tratta di gonna ma di una veste di sacerdote lunga fino alle caviglie, come segno di servizio sacerdotale svolto dal Cristo all'umanità, iconografia molto rara in Italia.
Dal 1918 la Chiesa di S. Giovanni opera da Pantheon, avendo ricevuto le spoglie di numerosi soldati sciclitani caduti durante la prima guerra mondiale.




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